| Da diversi mesi stiamo 
              portando avanti con passione un progetto a dir poco ambizioso: un 
              vero e proprio Giro d'Italia 
              Enduro con le nostre due moto, una enduro leggera e una 
              trial-alpinismo. Indispensabile a questo fine è lo studio 
              approfondito delle tappe nelle diverse regioni che attraverseremo, 
              molte ore sui nostri PC e tantissime ore in sella, a valutare di 
              persona la fattibilità delle tracce preparate "a tavolino". 
              Arrivati al Molise, ora dobbiamo studiare i percorsi in Puglia e 
              Basilicata; due intere settimane di ferie a cavallo delle festività 
              Natalizie ci permettono di considerare fattibile questo nuovo viaggio 
              ed è così che partiamo il giorno della Vigilia con 
              auto e carrello alla volta del sud. Le moto sono pronte da giorni, 
              gli zaini anche, niente tenda questa volta poichè siamo riusciti 
              a prenotare alberghi e B&B lungo tutto l'itinerario; pantaloni 
              e giacche anti-pioggia, qualche barretta energetica d'emergenza, 
              un litro d'olio motore, spray lubrificante per la catena, qualche 
              pezzo di ricambio e tanta voglia di partire, di dare gas e di scoprire 
              nuovi paesaggi, nuovi cibi, nuovi dialetti!
  La sera del 24 dicembre 
              dormiamo sul confine fra Molise e Puglia, in un piccolo hotel situato 
              lungo una strada provinciale per nulla trafficata e gestito da una 
              gentilissima coppia di anziani; cena e poi subito a letto perchè 
              domani contiamo di partire all'alba. La stanzetta è ghiacciata 
              e presto i nostri respiri condensano in mille goccioline fredde 
              che non aiutano certo il sonno... inoltre fuori dalla finestra sta 
              succedendo qualcosa che non ci garba per nulla: piove a dirotto... 
              iniziamo bene!Al mattino piove ancora che è uno spettacolo, il terreno 
              è tutto allagato, il cielo è grigio e basso, fa freddo... 
              ma noi dobbiamo partire e così facciamo colazione in fretta, 
              ci vestiamo di tutto punto, indossiamo subito l'abbigliamento anti-pioggia 
              e tiriamo le moto giù dal carrello. Il padrone dell'hotel 
              segue tutti i nostri movimenti, ci guarda scuotendo più volte 
              la testa, ci domanda se siamo proprio intenzionati a partire e alla 
              fine, vedendoci decisissimi, tutto sconsolato fa un ultimo estremo 
              tentativo "...ma che c'avete la macchina... ma prendete quella!!!". 
              Ah ah ah... ridiamo noi da dentro i caschi... e mentre le mascherine 
              iniziano ad appannarsi tiriamo l'aria delle moto ed ingraniamo la 
              prima. Si parte: pioggia o no abbiamo un obiettivo da raggiungere!
 Poche centinaia di metri di asfalto ed imbocchiamo l'oggi fangosissimo 
              tratturo Celano-Foggia; enormi pozze invadono la pista ed 
              in breve abbiamo già i piedi bagnati. Il fango inizia subito 
              ad aggrapparsi alle ruote e rende difficile e lenta la marcia. Cerchiamo 
              il più possibile di procedere sull'erba in mezzo o di lato 
              alla pista nel tentativo di "pulire" i tasselli ma presto 
              questo stratagemma si rivela inutile. L'unico modo è fermarsi 
              al centro delle pozze con fondo di roccia e far girare la ruota 
              posteriore dando gas e tirando il freno, ma come ripartiamo si ricomicia 
              da capo. Dobbiamo rinunciare spesso e optare per stradine asfaltate, 
              almeno fino a quando il fondo del tratturo diventa di pietrisco. 
              Finalmente, anche se continua a piovere, riusciamo a mantenere una 
              velocità migliore ed arriviamo presto in vista del Tavoliere 
              delle Puglie e del promontorio del Gargano, nascosto in parte dalla 
              nebbia.
 Sosta per un pranzo veloce a Porto Maggiore, dove il ragazzo 
              che ci serve ci racconta che anche lui ha una moto da enduro, che 
              la tira fuori solo per andare al mare... dove però s'annoia 
              e dunque torna subito indietro!
 Al pomeriggio riprendiamo a lottare col fango; decidiamo di togliere 
              il parafango alla Scorpa perchè è troppo vicino alla 
              gomma e si impasta subito impedendo alla ruota di girare; fortunatamente 
              esce un po' di sole così ci sentiamo più allegri! 
              I panorami non sono degni di particolare nota. Seguiamo alcune ghiaiate 
              che ci permettono di pulire un po' le gomme e di avanzare più 
              lesti.
 Sul far della sera giungiamo a Lucera, dove abbiamo prenotato 
              una stanza all'hotel Villa Imperiale, un intero palazzo adibito 
              ad albergo, all'interno del quale aleggia una terrificante musichetta 
              natalizia ma anche un buon profumino di pizza cotta nel forno a 
              legna.
 Dopo una bella doccia calda usciamo a fare due passi nel centro 
              di Lucera; c'è molta gente per strada, le lucine colorate 
              illuminano ogni angolo, le vetrine dei negozi sono tutte addobbate, 
              un vento gelido ci fa aumentare sempre più il passo alla 
              ricerca di un locale in cui trovare un caldo rifugio... ma ahimè 
              scopriamo che tutti aprono alle otto e trenta... Entriamo così 
              nella grande Cattedrale, costruita sulle rovine di un'antica moschea, 
              ne visitiamo il presepe, percorriamo più volte la navata 
              centrale ammirando gli affreschi e restiamo interi minuti col naso 
              per aria in contemplazione di un organo davvero mastodontico alloggiato 
              sul soppalco.
 Quindi arriva il momento per una birra ed una pizza, condite con 
              un'altra terrifcante sequenza di canzoncine natalizie...
  Il mattino del 26 partiamo, dopo un'abbondante colazione, alla scoperta 
              del Subappennino Dauno. Subito incontriamo moltissimo fango, 
              ma poi ci rilassiamo seguendo una ghiaiata che passa accanto ad 
              imponenti pale eoliche.
 Verso metà mattina, mentre seguiamo una cavedagna sorprendentemente 
              poco fangosa, Taddy davanti a me fa un volo spettacolare... tanto 
              che, dopo essermi sincerata che fosse ancora tutto intero, non ho 
              potuto trattenere le risa fino alle lacrime, dal momento che è 
              "inciampato" in un grosso cesto di vimini, quello di Cappucetto 
              Rosso per intenderci... bellissimo!!
 Sul finire della mattinata esce un bel sole ed attraversiamo una 
              zona finalmente graziosa: alla nostra destra corrono infatti file 
              di morbide colline dalla terra chiara, tanto che potrebbero essere 
              scambiate tranquillamente per vere dune di sabbia! Ma la gioia dura 
              poco... la Scorpa infatti inizia ad accusare problemi alla leva 
              del cambio. Ci fermiamo ad Orsara di Puglia, dove c'è 
              uno dei migliori ristoranti delle Puglie ma dove il nostro umore 
              non è al momento quello giusto per questo genere di cose. 
              Un gentilissimo Antonio ci assiste mentre cerchiamo di analizzare 
              il problema: la sospettata numero uno è la molla di ritorno 
              della leva del cambio, dal momento che la leva non ritorna mai nella 
              posizione centrale; ogni volta che cambio marcia devo muovere leggermente 
              la leva fino a riportarla al centro, operazione al quanto complessa 
              dato che nelle moto da trial la leva si trova così distante 
              dal pedalino che si è costretti ogni volta a sollevare il 
              piede dall'appoggio, dare un piccolo colpetto alla leva e poi tornare 
              in appoggio. Finchè sono sull'asfalto si tratta solo di una 
              seccatura, ma quando mi trovo off road diventa un problema; quando 
              si affrontano certi tipi di terreno e di difficoltà c'è 
              bisogno di una moto "pronta", che reagisca istantaneamente 
              al nostro comando, mentre ora risulta tutto più lento e spesso 
              capita di ingranare una marcia non desiderata anzichè riportare 
              semplicemente la leva in posizione centrale. Così non si 
              va avanti... e siamo solo al secondo giorno di viaggio...
 Optiamo, dopo una serie di telefonate ad amici di Foggia, di portare 
              domani mattina la Scorpa presso un meccanico: a seconda di quello 
              che ci dirà decideremo il da farsi.
 Tutto rimandato al giorno seguente dunque, per ora salutiamo Antonio 
              e seguendo l'asfalto transitiamo per Troia, dove sostiamo 
              in una calda trattoria per rifocillare anima e corpo, quindi ripartiamo 
              in direzione di Lucera, dove giungiamo che il sole sta tramontando. 
              Alloggiamo nuovamente alla Villa Imperiale, e dopo la doccia torniamo 
              in centro, in un locale ovviamente diverso da quello di ieri. Due 
              ragazzi svegli, cordiali e molto disponibili ci regalano una bella 
              serata e ceniamo molto bene con carne alla griglia ed ottima birra 
              belga.
 Il 27 dicembre ci vede impegnati nell'avvicinamento su asfalto alla 
              città di Foggia, dove giungiamo verso le dieci. Andiamo 
              direttamente da Antonio Colecchia, il miglior mecca che potessimo 
              trovare a Foggia e sono certa non solo! Persona squisita, dopo aver 
              compreso la nostra situazione ci prende immediatamente in simpatia 
              e molla qualsiasi lavoro inziato per dedicarsi unicamente a noi! 
              Pulisce dal fango il motore poi apre il carter sul lato destro, 
              noi sbirciamo curiosi pensando di trovare frammenti della molla 
              sparsi qui e là... ed invece la molla è lì, 
              davanti al nostro naso, nera e lucida, perfettamente integra. Antonio 
              capisce subito qual'è il reale problema, prendendo fra le 
              dita un frammento di alluminio: si è rotto il carter, nel 
              punto in cui una sorta di "vulcanello" di fusione teneva 
              in sede il perno che si va a collocare al centro della molla; non 
              essendo più nella sua sede questo perno, la molla non riesce 
              a tornare nella posizione centrale. Accidenti, il guaio è 
              addirittura più grave di quello che avevamo pronosticato; 
              se infatti era impossibile trovare la molla di ricambio - a Foggia 
              non si trovano pezzi di ricambio, parola di mecca - ora ci troviamo 
              di fronte ad un'altra spinosa questione: a Foggia nessuno salda 
              l'alluminio... Come fare dunque? Si richiude tutto e si torna a 
              Bologna? Fine dell'avventura? Oppure si prosegue scancherando con 
              la leva che non rientra mai in posizione? Non sia mai detto che 
              si lascia a piedi un motociclista... Antonio ci stupisce esclamando 
              senza esitare: "In qualche modo dobbiamo risolvere". Sfida 
              accettata dunque... via! si parte con la ricerca di un'idea che 
              sia il più possibile definitiva, senza ricorrere a saldatori.
 
  Nel giro di qualche minuto questo mecca davvero speciale escogita 
              un modo per sistemare la Scorpa e farci ripartire con il nostro 
              progetto di viaggio: fora il centro del vulcanello rotto, poi attraverso 
              il foro situato a fianco, dove passa il perno della leva del cambio, 
              fa passare un filo di ferro con incollato in cima un dado, attraverso 
              il foro centrale al vulcanello fa passare una vite dopo aver naturalmente 
              filettato il carter nello stesso punto, sistema un secondo dado 
              esternamente e dentro di esso alloggia un perno più lungo 
              rispetto all'originale, affinchè vada in battuta sulla parete 
              del carter quando lo andrà a chiudere. L'idea è geniale 
              ma la procedura per concretizzarla è lunghissima e delicata 
              e deve essere portata avanti con una precisione quasi centesimale. 
              Infatti, dopo quasi sei ore ininterrotte di lavoro - Antonio non 
              si è allontanato dalla mia moto praticamente mai, non ha 
              nè bevuto nè mangiato nulla - i primi due tentativi 
              risultano non precisi, per via dell'allineamento non perfetto del 
              perno. Ma Antonio non si perde certo d'animo e con la sua grinta 
              pacata, la passione e la determinazione che ne completano il carattere, 
              alla fine ottiene il risultato sperato e finalmente si richiude 
              il carter, si rimette l'olio e si prova la moto per una Foggia ormai 
              buia. Sono infatti trascore ben otto ore da quando Antonio ci ha 
              detto che potevamo contare sul suo aiuto... noi siamo felici come 
              bambini e restiamo allibiti dalla cifra veramente bassa che Antonio 
              ci chiede per un'intera giornata di lavoro!! Mitico mecca, non ti 
              scorderemo mai... averne di meccanici così anche a Bologna... 
              dove l'unica soluzione che siamo certi ci avrebbero prospettato 
              sarebbe stata quella di sostituire l'intero carter, se non addirittura 
              la moto!!! Un abbraccio affettuoso ad Antonio ed una stretta di mano alla decina 
              di persone occorse per curiosare o dare una mano... e siamo pronti 
              per una bella serata serena coi nostri amici foggiani! Grandi risate 
              e spassosi racconti intorno ad una tavola riccamente imbandita in 
              nostro onore, un'ospitalità clamorosa, momenti sinceramente 
              impagabili!!
 La mattina del 28 dicembre ci vede in marcia su fangosissimi tratti 
              di campagna; dobbiamo rinunciare spesso e tornare indietro, ma fortunatamente 
              splende un magnifico sole anche se la temperatura resta molto bassa. 
              Siamo letteralmente ricoperti di fango, noi e le moto: i colori 
              di sella, serbatoio e abbigliamento si celano ormai sotto uno spesso 
              strato di fanghiglia marrone, i guanti scivolano sulle manopole, 
              gli stivali scivolano sulle pedane, il sedere scivola sulla sella, 
              le gomme scivolano sul terreno. In un paesino una signora anziana 
              dice al nostro passaggio: "Ma quei due sono andati a fare la 
              guerra?"... e perchè mai... siamo solo un pochino infangati 
              signora, ah ah ah...
 Pranziamo in un anonimo bar a Rionero in Volture, vicino 
              a Venosa, dove mi straffogo di cornetti caldi alla nutella, 
              da urlo! Quando ripartiamo, un signore ride: "Ma quelle non 
              sono moto... sono rottami!!"... Poco dopo, mentre facciamo 
              rifornimento alle moto, un altro signore ci guarda perplesso e poi 
              chiede: "Se vi attacco l'aratro... mi andate ad arare il campo??" 
              Nel pomeriggio, poi, un ragazzetto ciccione si ferma davanti alla 
              Scorpa e, con la bocca tutta storta, inorridito dice: "...sta 
              cosa fa schifo..."... ehi ragazzi, ora basta coi complimenti, 
              altrimenti ci montiamo la testa!!!!!
 Nel pomeriggio le piste si fanno più scorrevoli e grazie 
              al cielo incontriamo qualche bella mulattierina rocciosa. Verso 
              le sedici e trenta, quando il cielo si sta lentamente tingendo di 
              un rosso spettacolare, entriamo nella piccola e graziosa Spinazzola, 
              dove il gentilissimo gestore del bar Saraceno ci apre la porta di 
              fronte al bar stesso... e fa accomodare i nostri ronzini direttamente 
              in casa! Che bello dormire con le moto di fianco!
  Dopo la doccia usciamo a passeggiare per le stradine della parte 
              vecchia del paese, tutti stretti nelle nostre giacche a vento, perdendoci 
              apposta fra i vicoli... e ritrovandoci comunque sempre di fronte 
              al fotografo! Birrozza in un bel pub poi ottima cena al bar Saraceno, 
              con spaghetti agli scampi davvero speciali.
 Al mattino, quando ancora il sole non è comparso all'orizzonte, 
              mentre ci prepariamo per partire il gestore del bar ci fa una proposta: 
              essere intervistati per il sito spinazzola.online.it che lui stesso 
              gestisce. E perchè no... per noi è una novità, 
              e se può servire a far capire alla gente che l'enduro può 
              rappresentare anche una forma di turismo per questi paesi, ci sentiamo 
              utili oltre che lusingati! Così parliamo, raccontiamo e scherziamo 
              davanti alla telecamera mentre finiamo di vestirci, poi accendiamo 
              le moto (per fortuna la Scorpa, che fa sempre una fatica micidiale 
              a partire quando è fredda, oggi non fa troppe storie) e partiamo 
              dando qualche sgasatina, come espressamente richiestoci dal piccolo 
              pubblico che si è raccolto nel frattempo intorno a noi!
 Si parte dunque, sotto un cielo che si fa progressivamente più 
              chiaro, ed incontriamo subito belle ghiaiate scorrevoli. Ci avviciniamo 
              ad un lago che costeggiamo seguendo tracce di altri enduristi ed 
              osservando incantati le colline specchiarsi in modo molto nitido 
              sulla superficie calmissima dell'acqua. Lasciatoci alle spalle il 
              lago proseguiamo in direzione del confine con la Basilicata, regione 
              che ci accoglie con un'immensa distesa di campi coltivati a perdita 
              d'occhio, adagiati su un numero infinito di morbide colline solcate 
              da belle piste, sul fondo delle quali si legge il passaggio continuo 
              dei mezzi agricoli. Questa campagna è cosparsa di una miriade 
              di casette tutte assolutamente identiche, a due piani, con un balconcino 
              ed un portichetto, tutte rigorosamente abbandonate. E' incredibile, 
              non sembra vero, queste case sono davvero tutte identiche, sembrano 
              fatte con uno stampino; ci proponiamo di chiedere spiegazioni al 
              primo paese che incontreremo e nel frattempo apriamo il gas e ci 
              divertiamo fra mille curve e mille drittoni in salita e in discesa. 
              Lungo il percorso veniamo superati da due enduristi che corrono 
              come matti, manco avessero il diavolo alle calcagna... ma li perdoniamo 
              perchè comprendiamo che quasi sicuramente si stanno allenando 
              per qualche gara; questa zona si presta infatti molto bene a questo 
              genere di sport, poichè essendo praticamente disabitata non 
              si corre il rischio di disturbare anima viva! Li incontriamo di 
              nuovo dieci minuti dopo, all'unico bar di Taccone, dove scambiamo 
              due chiacchiere con il barista e naturalemnete anche coi "colleghi". 
              I due sono di Andria e si scusano per non averci salutato 
              in pista e per averci superato così frettolosamente; il barista 
              invece ci racconta che le case che abbiamo visto sono state costruite 
              durante il governo De Gasperi, nel dopoguerra, per la campagna di 
              Riforma Fondiaria che toglieva i terreni ai latifondisti per consegnarli 
              ai contadini. Ma aggiunge anche che ora sono tutte abbandonate perchè 
              la gente della Basilicata, se non la si tiene sotto mira col fucile, 
              non fa quello che le si chiede di fare. Restiamo perplessi nell'udire 
              tale dura affermazione, domandandoci naturalmente dove stia la verità 
              in questa faccenda e valutando comunque che non deve essere semplice 
              vivere in luoghi così isolati ai giorni nostri. Considerate 
              che noi abbiamo impiegato quasi due ore per arrivare fino a qui, 
              ovvero al primo centro abitato; là in mezzo non c'è 
              veramente nulla, solo campi coltivati e basta. Sfido chiunque, fucile 
              o no, a vivere là oggi. Ovviamente i contadini hanno preferito 
              trasferirsi nei centri abitati dove almeno c'è un qualche 
              sentore di vita, di comunità, di società, e poi si 
              recano a lavorare i campi come veri e propri pendolari. Forse in 
              un futuro, al momento ancora lontano, ci sarà un ritorno 
              alla campagna, una sorta di fuga dalle città, un po' come 
              è successo nelle regioni più a nord, basti pensare 
              alla Toscana, ma per ora la situazione è questa, un angolo 
              di mondo perso nel tempo e nello spazio, dove l'unico rumore è 
              quello del vento e il solo movimento quello delle ali di uccelli 
              rapaci che si librano leggeri sopra di noi.
 Riprendiamo la strada e ci fermiamo a Tricarico, dove pranziamo 
              sui tavolini all'aperto di uno dei bar della piazzetta; la giovane 
              barista sospira e dice che verrebbe tanto volentieri via con noi, 
              un giovane cliente ci racconta che stanno costruendo una pista da 
              cross lì vicino e che l'anno prossimo se tutta andrà 
              bene si comprerà anche lui la moto ed un secondo ancor più 
              giovane cliente ci rattrista con la sua storia: era un trialista 
              ed ha smesso il giorno in cui si è fratturato bacino e femore; 
              il vedere le nostre moto gli fa male perchè il fuoco della 
              passione in lui è ancora acceso... coraggio, lo consoliamo 
              noi, sei ancora molto giovane e hai tutta la vita davanti, ricordati 
              che "volere è potere"... E con questa meravigliosa 
              perla di saggezza che ancora ci aleggia attorno, buttiamo la gamba 
              oltre la sella della moto e con un ultimo saluto da "chi ha 
              ormai fatto il proprio tempo" partiamo verso nuove avventure... 
              ma imbocchiamo subito una pista sbagliata... e dopo pochi minuti 
              torniamo verso la piazzetta con la coda fra le gambe... facendo 
              meno rumore possibile per passare inosservati. Bene, nessuno in 
              vista, siamo salvi!! Ora non sbagliamo ed una bella pista ci conduce 
              sempre più in basso verso un fiume. Dopo una curva incontriamo 
              un'automobile della forestale con tre guardie: grandi saluti, sorrisi 
              e complimenti e ci indicano la strada migliore per arrivare dove 
              ci proponiamo! Ci incastriamo in un uliveto tagliato a metà 
              da un torrente ma poi finalmente raggiungiamo un cancello che richiede 
              tutto il nostro sforzo mentale per essere aperto... un ingegnere 
              nucleare ci voleva... e poi che serve solo a non fare uscire le 
              bestie, mah...
  Sul far della sera arriviamo in vista delle appuntite guglie delle 
              Dolomiti Lucane, le propaggini meridionali dell'Appennino, 
              un insieme di antichissime arenarie che accolgono incantevoli villaggi 
              come quello cui siamo ora diretti, Castelmezzano. Vi giungiamo 
              seguendo l'asfalto, ma la vista che ci accoglie ci lascia senza 
              fiato: le case sono così "accucciate" fra le rocce 
              che danno l'impressione di essere tanti bambini che si fanno piccini 
              piccini in grembo ad una mamma grande e protettiva. Le luci del 
              paese si stanno accendendo proprio ora e la grande stella cometa 
              illuminata, appesa a metà fra due picchi, aggiunge un'altra 
              immagine suggestiva, quella di un grande presepe. Il nostro corpo 
              è infreddolito, ma non altrettanto il nostro cuore, che di 
              fronte ad uno spettacolo simile è caldo e sereno.
 Alloggiamo in un bell'albergo dall'altisonante nome di Locanda del 
              Castromediano, annesso all'ottimo e ricercato ristorante Il Becco 
              della Civetta, dove naturalmente ceniamo dopo una passeggiata fino 
              al castello arroccato nel punto più alto del paese. Superato 
              il castello si sale su un roccione illuminato e da qui si gode dello 
              spettacolo magico sul paesino ai nostri piedi. Da qui parte il "volo 
              dell'angelo" per coloro che in estate hanno voglia di sfidare 
              le vertigini attaccati ad un cavo d'acciaio che collega Castelmezzano 
              a Pietrapertosa, appena visibile al di là della valle. 
              Fa molto freddo e soffia un vento gelido, così lesti scendiamo 
              per rifugiarci in un bar dove bere un aperitivo. Il locale è 
              molto frequentato dalla gente del posto che, incuriosita dai due 
              forestieri, ci riempie di domande; pare che ognuno di loro abbia 
              almeno un parente a Bologna ed anche la barista, che trova il tempo 
              per scambiare qualche parola con noi, ha una sorella nella nostra 
              città.
 A cena siamo soli in una bella saletta molto intima; il ragazzo 
              che ci serve non porta mai via le posate ogni qualvolta cambia i 
              piatti, ed è così che quando arriviamo ai contorni 
              contiamo qualcosa come sette forchette e quattro coltelli sul tovagliolo! 
              La cosa incredibile è che lui non se ne accorge mai e noi 
              fatichiamo terribilmente a non scoppiare a ridere di fronte a lui... 
              cosa che regolarmente facciamo appena ci lascia soli, con le lacrime 
              agli occhi!
 Il mattino successivo, a causa del freddo e del ghiaccio che ricopre 
              ogni cosa, riusciamo a partire solo verso le otto e trenta. Le nostre 
              moto sono parcheggiate all'aperto, sotto uno splendido cartello 
              "obbligo di catene a bordo". Senza catene e battendo i 
              denti mettiamo in moto e ci dirigiamo decisi verso una mulattiera 
              alle porte del paese: si chiama "la via delle sette pietre" 
              e dopo il nostro passaggio diventerà "e dei mille nomi". 
              Splendida nei mesi estivi, queste curve di insidiosi gradoni in 
              discesa completamente ricoperti di ghiaccio ci fanno vedere oggi 
              i sorci verdi... per fortuna a metà optiamo per girare le 
              moto e risalire, anche perchè non sappiamo cosa ci aspetta 
              più giù e dunque è meglio non rischiare!
  L'asfalto ci porta a valle e qui imbocchaimo un torrente che ci 
              porta esattamente sotto la via delle sette pietre, che impariamo 
              chiamarsi così per la presenza nel bosco di un cerchio di 
              pietre poste verticalmente sul terreno, quasi fossero un moderno 
              dolmen esoterico. A questo punto percorriamo alcuni campi restandone 
              ovviamente ai bordi, nel tentativo vano di raggiungere Pietrapertosa. 
              Torniamo dunque al torrente, lo seguiamo per un altro tratto e poi 
              salitone fangoso fino alle porte del nuovo paese. Da qui prendiamo 
              una splendida pista che ci porta verso Accettura. Il panorama 
              vastissimo si fa all'improvviso anche candido, c'è neve qui! 
              Lungo tutto il crinale troviamo uno strato di neve fresca che rende 
              difficile l'arrampicata, specie per le gomme poco tassellate della 
              Scorpa. Il panorama è magnifico, accanto alle tracce delle 
              nostre gomme i segni delle zampe di qualche animaletto passato in 
              precedenza, il silenzio tipico dei luoghi innevati. Ma dopo aver 
              seguito un discreto tratto purtroppo dobbiamo rinunciare perchè 
              le salite si fanno più ripide e la moto da trial non ce la 
              fa, ed è così con grande rammarico che dobbiamo oggi 
              cambiare ancora una volta il nostro programma. Breve tratto di asfalto 
              poi per fortuna di nuovo sulla terra, anzi sul fango, in discesa, 
              quindi su fondo più solido fino ad Accettura. Qui pranziamo 
              con un prodotto per noi davvero nuovo: una focaccia con le cicciole 
              spolverata di zucchero... strana ma gustosa! Quando torniamo in 
              sella il cielo è tutto coperto ma per fortuna fa meno freddo. 
              Facciamo molti tentativi per cercare di raggiungere il fiume che 
              si trova nella vallata ma altrettante sono le rinunce, o per troppo 
              fango o perchè le piste non esistono più. Restiamo 
              sempre in sella, zero riposo fino al mare, a Scanzano Ionico, 
              dove alloggiamo all'hotel Miceneo Palace, enorme e vuoto. Arriviamo 
              col buio e dopo un bagno bollente e ristoratore tentiamo un giretto 
              in paese, ma il gelo e la desolazione della stagione invernale ci 
              raffreddano l'animo così corriamo di nuovo all'albergo per 
              la cena e poi ci infiliamo veloci sotto le coperte!
 L'ultimo giorno dell'anno, dopo le foto di rito sulla spiaggia, 
              ci vede corerre spensierati su ampi ghiaiatoni lungo il fiume: sole, 
              ghiaia e pietrisco, enormi pozze che Taddy prende sempre nel mezzo 
              mentre io tento di evitare con delicate onde, e migliaia di fichi 
              d'india che tanto ci ricordano la Spagna del sud. Entriamo così 
              nel Pollino, seguendo piste scorrevoli con viste mozzafiato 
              prima su un lago e poi sulle cime innevate. Attraversiamo un'ampia 
              vallata seguendo un ponte semi crollato e la suggestione del luogo 
              ci affascina; sostiamo sul ponte ammirando il letto del fiume sul 
              fondo del quale giacciono molti ruderi di case, il terreno crepato 
              come se fossimo in un deserto.
  Mentre percorriamo strade campestri in un'area dedicata agli allevamenti 
              ovini, ad un certo punto mi accorgo che la leva della messa in moto 
              della Scorpa non viene più verso l'esterno, rendendomi del 
              tutto impossibile rimettere in moto. Orrore... come faccio adesso? 
              Taddy dopo qualche tempo torna indietro e mi trova a scancherare 
              contro la leva, che proprio non ne vuol sapere di spostarsi verso 
              l'esterno, nè con le buone nè con le cattive. Fortunatamente 
              ci viene in soccorso un signore timido e gentile: siamo vicini a 
              casa sua e ci porta un grosso cacciavite con cui fare leva ma niente 
              da fare. Allora usiamo le maniere forti, come soluzione ultima in 
              un momento di necessità e urgenza! Prendiamo a mazzate la 
              pallina con la mollettina che serve a tenere in posizione la leva 
              stessa, questa esce e finalmente la leva è libera, un po' 
              sbilenca ma libera... e io posso tornare ad usarla. Metteremo poi 
              un pezzo di copertone usato come elastico per tenerla solidale al 
              telaio mentre guido, altrimenti me la ritroverei sempre sul ginocchio. 
              Il signore gentile ci rimane nel cuore: ci guarda silenzioso mentre 
              lavoriamo, col sorriso tipico delle persone semplici, e quando gli 
              chiediamo se passano spesso moto da lì ci intenerisce rispondendoci 
              "Magari..." Eh sì, vive davvero in un posto desolato, 
              in compagnia solo delle sue pecore, povera anima, chissà 
              che voglia ha di un poco di compagnia...
 Riprendiamo la strada e lungo un sottile asfalto Taddy si accorge 
              di aver forato la gomma posteriore dell'XR... oggi non è 
              proprio giornata! Sosta per riempire di schiuma la camera d'aria 
              poi si riparte. Dopo qualche metro sempre Taddy, nel tentativo scomposto 
              di controllare se ha rimesso il tappino sulla valvola, perde l'equilibrio 
              e sfrombola per terra... oh santo cielo... che giornatina!!
 Giunti a San Brancato pranziamo con panini di porchetta e 
              sono già le tre del pomeriggio. La sosta perciò è 
              molto breve e ripartiamo seguendo una pista sopraelevata che segue 
              il corso di un fiumiciattolo, poi una pista così dritta che 
              io per poco non mi addormento sulle pedane; incontriamo un uomo 
              a cavallo che per fortuna rappresenta una rottura della monotonia 
              e dunque mi sveglia, quindi attraversiamo pozze melmose e scivolose 
              che destano del tutto i nostri sensi. Dopo alcune rinunce per piste 
              che finiscono in campi o per la presenza di sbarre, col buio che 
              ormai inghiotte ogni cosa riusciamo ad arrivare a Tursi. 
              Al benzinaio dove sostiamo per fare il pieno alle moto io sono così 
              stremata che la moto mi cade per terra da ferma non una... non due... 
              bensì tre volte.... sotto lo sguardo allibito di una decina 
              di persone che sono certa starà pensando "Ah, le donne... 
              vogliono fare come gli uomini e poi guarda lì... manco la 
              riescono a tenere in piedi la moto..." oddio che figuraccia!!! 
              Vabbè, la sola cosa importante ora è riuscire a tenere 
              botta per qualche chilometro ancora, poi il riposo e domani sarò 
              come nuova! Ed è così che risalgo in sella e metto 
              in moto tutta cattiva, poi faccio per partire, dò gas ma 
              il motore ha un vuoto improvviso e perdo l'equilibrio rischiando 
              di cadere per la quarta volta... non ne può più neanche 
              la povera Scorpa!
 Con le ultime forze giungiamo infine nel piccolo e graziosissimo 
              Borgo Rabatana, proprio sopra a Tursi: parcheggiamo le moto 
              appoggiandole al muro del Palazzo dei Poeti, l'unico albergo del 
              borgo, quasi un albergo diffuso dal momento che il proprietario 
              sta cercando di comprare vari appartamenti da annettere al suo complesso 
              turistico. Il luogo è incantevole ma io dopo la doccia mi 
              accuccio sotto le coperte nella stanza gelata. Devo riprendere un 
              po' le forze, questa sera ci sarà il cenone dunque dovremo 
              aspettare che arrivino gli altri ospiti e non si inizierà 
              la serata prima delle nove... notte fonda per noi, abituati come 
              siamo a cenare presto ed andare a letto prestissimo!
  Fortunatamente il gestore dell'albergo ci ha concesso un menù 
              per una persona da dividere in due, perchè non siamo grandi 
              mangiatori e infatti a metà della cena siamo comunque costretti 
              a dire basta e a rinunciare alle altre portate! La serata ad ogni 
              modo è molto piacevole, davvero degna di un posto come questo: 
              abbiamo una bella nicchia tutta per noi, intimissima e a lume di 
              candela, le luci sono soffuse in tutto il locale e sebbene ci sia 
              parecchia gente il brusio non è fastidioso. Un oratore molto 
              bravo cita versi in dialetto che vengono poi tradotti, narra storie 
              di questa terra, di questo borgo e noi tutti lo ascoltiamo assorti, 
              fra una portata e l'altra. Ricordo in modo particolare il piccolo 
              ma delizioso spiedino di baccalà con tortino di patate, la 
              lonza di maiale, il risotto gamberi e arancia, l'orata in crosta 
              di melanzane con tortino di spinaci e carote... giunti al sorbetto 
              stiamo per scoppiare e ci fermiamo! Gli altri ospiti proseguiranno 
              con cotecchino e lenticchie, torta e panettone. A mezzanotte usciamo 
              nelle vie del borgo per qualche piccolissimo e silenzioso fuocherello 
              artificiale, un brindisi veloce per il freddo birichino e poi noi 
              andiamo a dormire mentre la festa prosegue senza disturbarci troppo.
 Il primo giorno del 2012 ci vede nuovamente in sella alle nostre 
              fedeli moto; alle sette in punto, dopo una breve colazione fredda 
              sotto le coperte, ci spostiamo un poco dall'abitato ed eseguiamo 
              la manutenzione ordinaria alle moto. Poi seguiamo lunghe piste in 
              collina con bellissimi panorami fino al borgo disabitato di Craco, 
              un villaggio fantasma molto suggestivo, che sorge sulla sommità 
              di una collina che sta lentamente franando. Splende un bellissimo 
              sole e l'aria si scalda percettibilmente.
 Una lunga pista larga ci accompagna fino a Ferrandina, dove 
              prenziamo velocemente in un bar che ci offre le rimamenze di ieri; 
              oggi infatti i locali sono e resteranno chiusi, questo è 
              il solo bar aperto e ci dobbiamo accontentare di tre pastine salate 
              in due! Compriamo anche un ulteriore litro d'olio motore per le 
              moto, che purtroppo hanno i motori che ne consumano parecchio; terminato 
              questo giro andranno entrambe dal meccanico per un assolutamente 
              necessario "ringiovanimento"!
 Splendide piste scorrevoli nel sottobosco prima e in aperta campagna 
              poi ci conducono decise verso Matera, la famosa ed unica 
              città dei Sassi, patrimonio dell'umanità e pregevole 
              esempio di trasformazione urbana, da povera e vergognosa a ricca 
              ed orgogliosa!
   Arriviamo in vista della parte vecchia della città sul far 
              della sera, quando la luce del tramonto dipinge di rosso le abitazioni, 
              le mura e le chiese. C'è poca gente in giro e si respira 
              un'aria tranquilla. Cerchiamo la Locanda di San Martino, un albergo 
              costruito nel tufo, un esempio sorprendente di come le antiche abitazioni 
              in cui un tempo vivevano a stretto contatto uomini e bestie sia 
              potuto diventare un apprezzato e lussuoso insieme di camere per 
              i turisti esigenti di oggi. Ogni camera affaccia su un corridoio 
              esterno che si arrampica con brevi scalinate sul fianco della collina, 
              bordato da un muretto che dà direttamente su un angolo suggestivo 
              dei Sassi; restiamo incantati qualche minuto affacciati al muretto 
              prima di spogliarci, lo spettacolo della luce del giorno che muore 
              e delle luci artificiali che si accendono è fantastico, Matera 
              si trasforma lentamente in un grande presepe vivente!
 Quando ci decidiamo ad entrare nella camera che ci è stata 
              assegnata, restiamo incantati: che meraviglia! Si tratta di una 
              piccola camera col soffitto e le pareti di tufo grezzo, arredamento 
              semplice ed essenziale ma di grande effetto, sulle pareti sono state 
              ricavate delle nicchie irregolari che accolgono l'armadio, i comodini 
              e delle mensoline per le lampade. La stanza da bagno è enorme, 
              grande quasi quanto la camera e ci abbaglia la visione di una vasca 
              da bagno dove ci immergiamo felici spogliandoci in fretta per entrare 
              per primi nell'acqua calda!! Qui immersi, la tensione del viaggio 
              ed il freddo accumulato lentamente scemano e lasciano posto ad uno 
              straordinario rilassamento. Ora che siamo puliti ci concediamo una 
              chicca offerta dall'albergo: la sauna e le vasche idromassaggio 
              ricavate dalle cisterne di raccolta dell'acqua piovana dell'antica 
              Matera, vasche che fanno parte di un immane ed incredibile sistema 
              di raccolta delle acque che la città vanta come retaggio 
              storico culturale da custodire con cura e da far conoscere a tutti. 
              L'atmosfera qui sotto è dolce e surreale, le luci colorate 
              donano un tocco di fantasia all'ambiente antico e saturo di vapore, 
              nuotare o semplicemente lasciarsi massaggiare dai getti in queste 
              acque limpidissime ci rimbambisce completamente e quando usciamo 
              sembriamo due zombie... ma come stiamo bene.......
 Pronti per una bella cena! Usciamo a piedi e camminiamo a lungo 
              sulle vie ciottolate della parte più antica della città 
              vecchia, il Sasso Caveoso, in salita e in discesa stando 
              bene attenti a non scivolare sulle pietre levigate da decenni di 
              passaggio; scorriamo sotto torri e chiese, case in via di ritrutturazione, 
              ponticelli, archi in un susseguirsi incantevole di antri e piazzette 
              che non stanca mai. Alla fine però ci stanchiamo per davvero 
              e decidiamo di bere una birra in un locale abbastanza moderno, poi 
              ci concediamo una pizza in un locale caratteristico, costruito naturalmente 
              nel tufo, uno splendido intrico di stanze e stanzette con pareti 
              rotondeggianti, nicchie, finestrelle, soffitto altissimo, scalette 
              in miniatura ed una pizza squisita! Il locale si chiama O'Mami ed 
              è gestito da napoletani.
  Il giorno successivo ci serve per ridare una forma rotonda al nostro 
              sedere, diventato quadrato dopo tanti giorni in sella!! Sveglia 
              con calma quindi, ottima ed abbondante colazione con mille sfizioserie 
              locali, come gli spicchi di ricotta salata con confettura dolce. 
              In seguito usciamo nella splendida luce del giorno e sotto un sole 
              abbagliante ci apprestiamo a scendere nel canyon scavato nei millenni 
              dal fiume che vi scorre dentro e che risulta oggi bello pienotto 
              in diversi punti. La vista sui Sassi dal fondo del canyon è 
              meravigliosa; la posizione della città è davvero strategica 
              e il colore delle abitazioni la mimetizza completamente nella natura 
              circostante. Tentiamo il guado del fiume per risalire il canyon 
              sul lato opposto e godere così di una vista nuova sulla città, 
              ma l'acqua è profonda e c'è parecchia corrente perciò 
              desistiamo. Tornati all'albrego prendiamo l'XR e ci dirigiamo verso 
              un parcheggio situato proprio alla fine del sentiero che avremmo 
              voluto seguire risalendo dal fiume. Lasciata la moto camminiamo 
              sul sentiero a ritroso verso il fiume fino a raggiungere alcuni 
              grottoni che accolgono chiese rupestri: da qui la vista sui Sassi 
              Caveoso e Barisano è qualcosa di emozionante...
 Tornati poi a Matera visitiamo la zona dei Sassi dove sono state 
              mantenute inalterate le condizioni delle grotte dove uomini e animali 
              vivevano insieme fino agli anni cinquanta. Rivisitando brevemente 
              la storia di Matera, si nota in realtà come essa fosse fin 
              dall'antichità una città ricca e fiorente, dove la 
              popolazione viveva sì in grotte ma trasformate sapientemente 
              in vere e proprie case, arricchite da piccoli giardini pensili e 
              altresì munite di una rete idrica e fognaria di tutto rispetto. 
              Era talmente prospera che fu addirittura capoluogo della Basilicata 
              per ben 140 anni. Ma poi la popolazione iniziò a crescere 
              in modo spropositato e le famiglie si ritrovarono a vivere nelle 
              stesse grotte in numero sempre più elevato, finchè 
              la gente dovette iniziare ad occupare anche le grotte inizialmente 
              destinate agli animali. Matera inziò il suo declino che la 
              portò a divenire uno dei luoghi più miseri dell'intera 
              pensiola. Fu grazie alla denuncia di Carlo Levi che le autorità 
              negli anni cinquanta presero seri provvedimenti per trasformare 
              quella che era considerata una vera vergogna per l'Italia in una 
              città che potesse tornare bella e vivibile. 15000 persone 
              furono spostate dalle grotte ad abitazioni costruite dallo Stato 
              e nel 1993 i Sassi furono proclamati patrimonio dell'umanità 
              dall'Unesco. Passando accanto alle grotte oggi non è facile 
              immaginare lo stato di immensa povertà in cui le famiglie 
              che le abitavano versavano una volta; oggi sono infatti illuminate 
              da un bel sole, vuote, pulite, con una vista splendida e danno l'impressione 
              di essere tutto sommato un buon posto dove vivere. Ma la storia 
              non deve essere dimenticata...
 Il 3 gennaio montiamo di nuovo in sella e mentre ci allontaniamo 
              lentamente da Matera ne abbiamo già grande nostalgia. Abbandoniamo 
              in breve l'insipida Matera moderna e percorriamo a ritroso la bella 
              pista che ci ha condotto qui due giorni fa, un ultimo sguardo alla 
              gravina con i Sassi sulla sinistra e poi ci lanciamo lungo belle 
              piste scorrevoli dove finalmente apriamo un po' il gas: fondo di 
              terra secca e di roccia, salite tutte curve con le moto sempre in 
              tiro, divertimento a mille! La nostra attenzione torna vigile ogni 
              volta che ci si presenta una curva in ombra, dove l'insidiosissimo 
              fango è sempre in agguato: allora si scalano un paio di marce, 
              si contrae la muscolatura di braccia e spalle per meglio controllare 
              l'anteriore, ci si lascia scivolare elegantemente sul fango, quindi 
              si dà gas di nuovo, si tira la marcia, si sale di una poi 
              di un'altra e si torna a correre e volare sulle pietre! Che adrenalina, 
              che spettacolo, questo sì che è enduro... noi e la 
              nostra moto, noi che siamo la nostra moto... lei che obbedisce docilmente 
              ai nostri comandi, che traduce in energia cinetica ogni più 
              piccolo spostamento del nostro corpo. A noi la bravura, dettata 
              soprattutto dall'esperienza, di condurla sempre lungo la traiettoria 
              migliore... o perchè no... talvolta anche lungo quella peggiore... 
              se ciò che andiamo cercando è una sfida per noi o 
              per lei!!!
 Siamo entrati in Puglia e le nostre quattro ruote percorrono piste 
              che lambiscono splendide masserie, dove pastori gentili ci salutano 
              con le braccia alzate e bellissimi esemplari di cane pastore ci 
              rincorrono abbaiando sonoramente e mordicchiando adorevolmente i 
              nostri stivali!
  Attraversato il piccolo abitato di Ginosa troviamo subito 
              il viottolo che ci conduce direttamente nel letto del fiume; questo 
              ha scavato nei secoli un canyon profondo le cui pareti sono in taluni 
              punti spettacolarmente a picco, levigatissime e con spaccature verticali 
              davvero pittoresche. Le casette di Ginosa si affacciano spesso sul 
              fiume e guardandole dal basso percorriamo lunghi tratti di sassi 
              e grosse pietre che ci rallentano ma ci divertono, poi di ghiaino 
              veloce, quindi guadagnamo l'asfalto. Nuove piste ci accolgono presto, 
              nella campagna cosparsa di ulivi ed enormi fichi d'India; ancora 
              lungo un fiume a bordo campo, quindi bellissima mulattierina in 
              salita sotto un bosco, infine una serie di piste con impressa a 
              terra l'inconfondibile traccia del tassello. In un punto siamo obbligati 
              a sostare qualche tempo per ricostruire un saltone che si farebbe 
              abbastanza agevolmente in discesa ma che in salita risulta ostico 
              specie per l'XR così carica.
 Ci concediamo un pranzo frugale in un bar di Palagianello 
              dove alcuni passanti si fermano incuriositi da questi due strani 
              e sporchissimi pellegrini. Sorsi ghiacciati di ottima birra Raffo, 
              di produzione pugliese, scendono a rinfrescarci la gola. Il clima 
              in effetti oggi è eccezionale: siamo seduti all'aperto e 
              ci godiamo il soave tepore invernale del sud!
 Nel pomeriggio percorriamo piste campestri fiancheggiate senza quasi 
              soluzione di continuità dai tipici muretti a secco che rendono 
              unico questo paesaggio. Poi, all'improvviso, ecco comparire ai nostri 
              occhi avidi di novità i primi dolcissimi trulli, costruzioni 
              tipiche della zona intorno alla famosissima Alberobello. 
              Costruiti interamente a secco, i trulli sono formati da un muro 
              a base circolare o quadrangolare che racchiude una camera, sormontata 
              da un tetto a forma di cupola (dal greco trùlos); in essi 
              trovavano rifugio i fattori che coltivavano la terra. Sono spesso 
              sormontati da pinnacoli che riproducono simboli ancora oggi immersi 
              nel mistero: secondo alcuni sarebbero simboli magici ed esoterici 
              legati al culto del Sole, secondo altri sarebbero semplici ornamenti 
              o ancora il marchio del maestro trullaro che ha eseguito l'opera. 
              I primi che incontriamo lungo il nostro percorso ci emozionano al 
              punto che facciamo soste piuttosto lunghe per fotografarli: li riprendiamo 
              da diverse angolazioni, con le moto, senza le moto, dal basso, di 
              fronte... sbizzarendoci come bambini golosi di fronte ad un bel 
              gelato. Ma la giornata volge quasi al termine e la meta serale è 
              ancora lungi dall'essere vicina, dobbiamo muoverci! Guidiamo con 
              gli occhi fissi ai lati delle piccole ma graziosissime piste sterrate 
              che tappezzano inaspettatamente questa zona. Entrambi siamo daccordo 
              sul fatto che i trulli più incantevoli sono quelli mezzi 
              diroccati e semi distrutti, immersi in una vegetazione esuberante 
              che tende a ricoprirli, mentre loro continuano impassibili ad allungare 
              verso il cielo i loro tetti appuntiti. Notiamo che alcuni di essi 
              recano un disegno a calce che, scopriremo più tardi, potrebbe 
              rappresentare il frutto di uno degli antichi riti (addirittura primitivi) 
              tramandati di padre in figlio e per questo giunti sino a noi.
  Mentre le nostre ombre inziano ad allungarsi e i colori dei mille 
              fiori bianchi, arancio e gialli si fanno via via più intensi, 
              continuiamo a macinare chilometri fino a giungere nel bel mezzo 
              di un complesso di trulli a dir poco sbalorditivo. I trulli sono 
              disposti in fila, uniti fra loro a disegnare una sola struttura 
              lunga e favolosa; parlando con la sola persona che si aggira da 
              queste parti impariamo che è in vendita! Aggirandoci a piedi 
              fra le varie costruzioni che completano il complesso, fantastichiamo 
              sulla possibilità di comprare insieme ad amici la struttura 
              e trasformarla in uno splendido agri-endurismo dove accogliere turisti 
              amanti della natura e dell'enduro... ma come impariamo che la cifra 
              richiesta è pari a un milione di euro il sogno svanisce in 
              un "puff"... Risaliamo allora sulle piccole moto, direzione: 
              Alberobello!
 Divincolandoci in un susseguirsi labirintico di piccole piste erbose 
              strette fra muretti a secco sempre più presenti, entriamo 
              finalmente ad Alberobello, dove restiamo subito abbagliati dal candore 
              delle case e del fondo stradale del Largo Martellotto. Dopo le brevi 
              pratiche presso l'ufficio di Trullidea, sistemiamo le moto sotto 
              il trullino numero 19 ed entriamo nella penombra della cameretta. 
              E' spartana e fredda ma siamo emozionati all'idea di poter dormire 
              in una struttura tanto antica! Ci spogliamo, facciamo una doccia 
              tiepida e ci infiliamo sotto le coperte per riposare un po' aspettando 
              l'ora giusta per la cena.
 Quando usciamo le stradine sono tutte bagnate per l'umidità 
              che sta velocemente scendendo e laddove la pietra viva non ha ancora 
              ceduto il passo allo sgradevole asfalto il rischio di scivolare 
              è davvero alto! Siamo molto stanchi e rimandiamo a domani 
              la visita al paese, optando per cenare nel locale Miseria e Nobiltà 
              che sorge sulla piazzetta della parte nuova di Alberobello: taralli 
              sfiziosi, burratina che si scioglie in bocca e risotto con seppioline 
              e curry speziato e piccantino.
 Il giorno successivo ci vede girovagare nelle stradine fra i trulli, 
              salendo e scendendo nei rioni dei Monti e Aia Piccola; molti dei 
              trulli sono ancora in ombra mentre i negozietti per turisti iniziano 
              ad aprire. Alberobello nacque grazie al coraggio di alcuni fattori 
              che decisero di costruire i loro trulli in un agglomerato anche 
              se questo era proibito dalle leggi in vigore; i fattori infatti 
              erano autorizzati a costruire i trulli a patto che questi rimanessero 
              isolati gli uni dagli altri per non incorrere nel pagamento da parte 
              dei signori della terra (gli Acquaviva, Conti di Conversano) del 
              tributo previsto dalla Prammatica dei Baronibus. Nel 1797 alcuni 
              alberobellesi si recarono presso Ferdinando IV di Borbone che diede 
              loro ascolto e proclamò il villaggio finalmente "libero". 
              Oggi questa magica distesa di trulli è considerata patrimonio 
              dell'umanità dall'Unesco!
 Adoriamo l'idea di trovarci qui... ma nel nostro cuore rimpiangiamo 
              i trullini "selvaggi" della campagna attraversata ieri 
              sera. E' quello il ricordo più dolce che ci porteremo dentro 
              della Puglia di Alberobello...
 Assaporiamo delle mozzarelline seduti al sole su una panchina, compriamo 
              taralli e amaretti morbidi poi rientriamo al nostro trullino dove 
              saliamo entrambi sull'XR. Ci facciamo un giretto nel circondario, 
              fermandoci qualche tempo a Locorotondo, chiamata così 
              per via della sua pianta circolare, e a Cisternino, candido 
              agglomerato che si affaccia sull'ampia Valle d'Itria. Qui, 
              mentre un vento gelido spazza le vie e ci fa alzare i colletti delle 
              giacche a vento, passiamo accanto alla Taverna della Torre che ci 
              attira al suo interno come il canto delle Sirene. Ottima scelta! 
              Ambiente caldo e familiare, ospitalità cortese e mai invadente, 
              cibo sopraffino e buon vino... e la giornata si scalda all'improvviso!
 Il 5 gennaio riprendiamo la strada. Subito ci incastriamo fra le 
              bancarelle del mercato del giovedì, dove uno degli espositori 
              ci grida dietro "ma guarda quanto sono zozzi questi qua...ah 
              zozzoniiiiiiiii" quindi ci aspetta un lungo trasferimento su 
              asfalto verso il materano. Quando però sulla sinistra si 
              profila la spaccatura della gravina con le casette di Matera, prendiamo 
              una pista sulla destra che si rivela bella e scorrevole. Attraversiamo 
              un'estesa campagna movimentata da morbide colline; una serie di 
              casette solitarie in vario stato d'abbandono concorre a rendere 
              leggermente malinconico il paesaggio.
  Arriviamo in vista di Gravina in Puglia ed entriamo in paese 
              in modo spettacolare. Dapprima seguiamo in discesa una lunga ed 
              antica mulattiera ottimamente conservata, con la quale attraversiamo 
              una coppia di binari non protetta da sbarre o segnalatori, quindi 
              giungiamo sul bordo del canyon che ci separa dal paese; qui sostiamo 
              per ammirare la vista dall'alto sul paese stesso e sullo splendido 
              ponte in tufo che poi percorriamo per entrare direttamente in paese.
 Proseguiamo quindi verso nord, nel nostro lento rientro verso il 
              punto da dove tutto cominciò undici giorni fa. Seguiamo piste 
              ben tenute perchè regolarmente frequentate dai mezzi agricoli 
              e dagli enduristi locali, lo si evince naturalmente dai segni impressi 
              sul terreno morbido. Incontriamo molti gruppetti di case tutte uguali, 
              con porticato ed arco, scorrendo sui poderi San Paolo, San Salvatore, 
              San Domenico... come lo sappiamo? sul muro della maggior parte di 
              queste casette resiste ancora la scritta a caratteri cubitali RIFORMA 
              FONDIARIA PODERE S. PAOLO seguita da un numero che probabilmente 
              fa riferimento ad un censimento, per esempio 164/2751. La Riforma 
              a cui si fa riferimento è naturalmente ancora quella De Gasperi 
              del primo dopoguerra.
 Oggi il freddo è pungente anche se il sole ci tiene costantemente 
              compagnia; il terreno si fa via via più duro e possiamo così 
              mantenere andature più allegre. A Poggiorsini sostiamo 
              per il pranzo: braciole e parmigiana di melanzane da leccarsi i 
              baffi!
 Nel pomeriggio, sotto un cielo che si sta velocemente coprendo di 
              grossi e minacciosi nuvoloni neri, saliamo sul magico altopiano 
              delle Murge che percorriamo in lungo e in largo divertendoci 
              molto su piste scorrevoli dove poter aprire il gas, gettando il 
              corpo ora internamente - da crossisti - ora esternamente - da trialisti 
              - alle frequenti curve. Le piste interrompono immense distese di 
              campi che si allungano a perdita d'occhio, dalla loro terra scura 
              spunta una tenera erba color verde smeraldo e sopra di essa giacciono 
              piccoli frammenti di roccia bianca. E' questa una delle caratteristiche 
              sostanziali dell'altopiano delle Murge, una terra battuta da un 
              vento freddo e costante, costituita da campi coltivati, pascoli, 
              boschi di sempreverdi ed enormi pietroni chiari. Unico rimpianto 
              quello di non aver mai avvistato il cavallo murgese, la razza equina 
              che fra tutte prediligo: splendidi esemplari dal manto nero così 
              lucido e intenso da sembrare blu, dall'altezza imponente che può 
              arrivare facilmente ai due metri al garrese e dall'indole così 
              docile che è possibile cavalcarne anche gli stalloni...
 Dopo circa due ore di Murge, come per incantesimo spunta verso oriente 
              l'incredibile struttura ottagonale di Castel del Monte, il 
              misterioso ed affascinante castello voluto da Federico II, lo stesso 
              che troviamo sulle monete da un centesimo di euro. Svetta dalla 
              cima di una collina interamente ricoperta di pini; ai suoi piedi 
              ci sono alcuni esemplari di pino marittimo dal fusto così 
              esile che svanisce nella bruma della lontananza, mentre la chioma 
              si allarga orizzontalmente e sembra sospesa, tanto che si ha la 
              netta sensazione di trovarsi di fronte ad un miraggio: BELLISSIMO!
  Arriviamo al parcheggio off road, seguendo le tracce lasciate sul 
              terreno da altri enduristi, uscendo con un saltino dalla pineta 
              direttamente sui piedi del parcheggiatore! Purtroppo le condizioni 
              metereologiche non sono favorevoli, c'è poca luce perchè 
              il cielo è completamente coperto e lo splendido castello 
              non brilla come nelle immagini più famose che lo ritraggono 
              ma sorge severo e arcigno in cima alla scalinata. Una volta ai suoi 
              piedi si respira un'aria strana, un misto di sacro e profano, di 
              magia e concretezza. Una volta entrati nelle prime sale, ricche 
              di materiale informativo e di guide che si propongono di accompagnarci, 
              l'atmosfera si rovina leggermente, ma poi tutto torna fantastico 
              come si esce all'aperto nel piccolo cortile interno e si guarda 
              verso l'alto o come si entra nelle sale al secondo piano, immerse 
              nella semi oscurità, appena rischiarata da una sapiente illuminazione 
              che ne mette in risalto i particolari architettonici. Castel del 
              Monte mantiene dentro di sè il segreto del motivo per cui 
              fu costruito; pare infatti che non potesse in alcun modo assolvere 
              alle più semplici esigenze di difesa o di abitabilià, 
              tanto che furono prese in considerazione le teorie più diverse, 
              ognuna delle quali considera le molte passioni dell'imperatore: 
              la magia, l'astronomia, la matematica. Di certo oggi Castel del 
              Monte appare ai nostri occhi come un imponente e squisito simbolo 
              del potere imperiale.
 Quando usciamo soffia un vento molto forte che ci spinge giù 
              dalla gradinata rischiando di farci inciampare ad ogni passo, mentre 
              il cappellino di una signora svolazza allegramente per finire chissà 
              dove. Recuperate le moto ci dirigiamo in fretta all'hotel qui vicino, 
              il Castel del Monte Park Hotel, dove siamo gli unici ospiti e il 
              riscaldamento nella nostra stanza non ha voglia di partire. Cena 
              abbondante e deliziosa (ricordo il pesce al cartoccio) e poi dritti 
              sotto le coperte!
 Le prime luci dell'alba ci trovano già svegli a guardare 
              sconsolati fuori dalla finestra: piove a dirotto e il vento soffia 
              ancora più forte di ieri. Optiamo per attendere un po' prima 
              di partire, sperando in un cambiamento che però non arriverà, 
              così alle dieci e trenta ci vestiamo e partiamo sotto l'acqua 
              in direzione di Trani. Percorriamo senza scomporci piste 
              su piste, procedendo con cautela per non scivolare sulle rocce bagnate 
              e scivolose. Incontriamo molte costruzioni simili ai trulli ma più 
              arrotondate e con elaborati pinnacoli sommitali. Galleggiamo sul 
              fango e in alcuni casi ci scomponiamo allegramente su di esso, lanciando 
              le gambe ai quattro venti nel disperato tentativo di mantenere l'equilibrio.
 Sul far del mezzogiorno il maltempo ci delizia con una rumorosa 
              grandinata, ma dato che non troviamo alcun rifugio e che siamo abbastanza 
              vicini a Trani proseguiamo comunque il nostro viaggio. Entriamo 
              così in città, zuppi fino al midollo, e ne percorriamo 
              le vie alluvionate fino a raggiungere il mare sulla Piazza del Duomo, 
              dove sorge la maestosa candida cattedrale; ci fermiamo a fotografarla 
              sfidando la violenta pioggia e la furia del vento che soffia furibondo, 
              gonfiando il mare che appare talmente tempestoso da mettere paura 
              solo a guardarlo.
 Troviamo rifugio in un ristorante sciccosissimo proprio sulla piazza 
              e ci rimpinziamo di ottimo pesce senza pensare agli indumenti fradici 
              che fra poco saremo costretti ad indossare nuovamente. Telefoniamo 
              ai nostri amici di Foggia e ci accordiamo per trascorrere la serata 
              assieme a loro. Nel pomeriggio ci attende un lungo, noioso e bagnatissimo 
              trasferimento su asfalto fino a Foggia, dove parcheggiamo le moto 
              nel parcheggio dell'Hotel Europa vicino alla stazione dei treni. 
              Dopo una doccia calda raggiungiamo gli amici e diamo inizio alle 
              danze: aperitivo fra noi e poi mitica cena in famiglia assaporando 
              ancora meravigliose pietanze cucinate con arte e passione tipiche 
              pugliesi!
 Al mattino fortunatamente splende il sole, ma il terreno è 
              fradicio e il vento non accenna a scemare. Partiamo verso le otto 
              e trenta e subito cominciamo a lottare contro una specie di bora: 
              le campagne attorno a Foggia sono sferzate da folate lunghe e micidiali, 
              io mi diverto ad osservare il mio compagno di viaggio davanti a 
              me, inclinato di 45 gradi rispetto alla strada e mi viene da ridere 
              pensando che se per un qualche motivo il vento dovesse cessare all'improvviso 
              un bel tonfo per terra sarebbe inevitabile!
 Se l'esperienza risulta divertente sull'asfalto, la cosa cambia 
              decisamente sulle piste dove veniamo regolarmente sospinti lungo 
              traiettorie improbabili, per esempio proprio al centro di enormi 
              pozze, con l'acqua che ci arriva comodamente fino alle ginocchia! 
              Escogito allora un modo per evitare di bagnarmi ogni volta come 
              un pulcino, alzando le gambe e tenendole larghe e sospese mentre 
              supero le pozze... ottenendo come risultato che oltre ai piedi ora 
              mi bagno anche l'interno delle cosce... un genio! Tento allora in 
              modo diverso: quando entro nelle pozze tendo le braccia, butto indietro 
              la schiena, sollevo le gambe e le chiudo, appoggiando i piedi sul 
              serbatoio e le ginocchia sotto al mento... in effetti più 
              che una motociclista sembro la cavallerizza di un circo in procinto 
              di eseguire un salto mortale per poi atterrare nuovamente sulla 
              sella... ma almeno così non mi bagno e dunque mi ritengo 
              soddisfatta!
 Lottiamo col vento tutta la mattina e pranziamo in un pub a Santa 
              Croce di Magliano.
 Nel pomeriggio ci attendono altri cinquanta chilometri misti asfalto 
              e sterrato e poi giungiamo infreddoliti e completamente fradici 
              all'hotel dove è parcheggiata la nostra auto. Carichiamo 
              le moto sul carrello dopo averle immortalate con la macchina fotografica... 
              poverette, sono a pezzi ma si sono comportate bene! Quindi ci cambiamo 
              gli abiti sotto l'acqua ed entriamo in auto. Prima di girare la 
              chiave, una volta chiusi gli sportelli, restiamo alcuni minuti in 
              silenzio a ripensare a questo grande viaggio enduro, felici, soddisfatti 
              e orgogliosi di aver portato a termine un altro importante tassello 
              esplorativo per il nostro futuro e grandioso Giro 
              d'Italia Enduro...
 
 
  E' a vostra disposizione 
              il file Gps di questo Viaggio Enduro, con tutti i 
              punti di interesse e i contatti degli Alberghi per i viaggi 
              di piu' giorni, i waypoint dei bar o dei ristoranti 
              per i pranzi di mezzogiorno e dei benzinai per i rifornimenti 
              sul percorso. Una volta che avete prenotato gli alloggi e caricato 
              i waypoint e i percorsi sul vostro gps non dovrete piu' pensare 
              a nulla, dovete solo recarvi con il carrello o furgone nel parcheggio 
              indicato con un waypoint, scaricare le moto e seguire il tracciato 
              gps enduro di ciascuna tappa che vi portera' davanti ai benzinai, 
              ai locali per pranzare e infine all'albergo o agriturismo per dormire, 
              insomma dovete solo dare gas, controllare il gps e godervi il vostro 
              Viaggio Enduro. Se sei interessato Contattaci 
              indicandoci il viaggio enduro desiderato e ti daremo tutte le informazioni 
              utili come il chilometraggio, percentuale offroad, 
              mappa indicativa della zona, difficolta', istruzioni e costi per effettuare il download del file 
              gps.
 
 Abbiamo anche delle Cartografie 
              Regionali Gratuite e dei CD 
              Gps-Utility con i percorsi di alcune Province. Se sei interessato 
              alla sezione  Gps Italia Offroad, 
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